Tradotto letteralmente significa essere aggressivi. L’allocuzione verbale deriva da hawk ossia falco, il noto uccello rapace dalla condotta di caccia aggressiva. Di significato esattamente opposto invece abbiamo l’allocuzione to be dovish ossia essere docili e pacifici, proprio come una colomba (in inglese dove). Queste espressioni sono sovente utilizzate dagli operatori dei mercati finanziari, anche se all’origine il modo di dire ebbe origine in ambienti prettamente politici. L’espressione infatti si riferiva alla posizione rigida o morbida in termini di politica estera statunitnese nei confronti del regime comunista di Castro durante la crisi dei missili cubani ad inizio anni Sessanta sotto il mandato di Kennedy. Allora essere dovish significava foraggiare una politica pacifista di negoziato verso Krusciov, allora il leader della vecchia URSS. Con il tempo anche i banchieri centrali statunitensi adottarono queste espressioni colorite per trasmettere le varie correnti di pensiero che si scontravano all’interno dei vari consigli direttivi dell’autorità monetaria centrale al fine di rappresentare le linee guida della politica monetaria adottata o da adottarsi nel futuro, tanto che anche oggi persino in Europa si parla di falchi e colombe in seno alla BCE. Mario Draghi è l’attore principe incontrastato dei mercati finanziari ormai da più di tre anni, molto più influente e decisivo della collega americana, Janet Jellen. Super Mario si è trasformato da anni in un Super Man che salva ogni volta in extremis l’Europa, l’Euro, le banche europee e soprattutto la stabilità e credibilità dei mercati finanziari europei.
Draghi è tanto hawk (falco) quanto dove (colomba) a seconda delle condizioni di salute e della tensione percepita dagli operatori istituzionali sul mercato europeo. Tuttavia anche il suo potere e sua ingerenza si apprestano a finire, più che altro perchè sono praticamente finiti gli strumenti a cui Super Mario può attingere, sempre escludendo l’ipotesi non tanto remota degli interessi negativi sui depositi bancari anche per la clientela retail ossia lasciare in giacenza denaro sul conto corrente potrebbe diventare oneroso. A livello pratico questo significa sostenere dei costi solamente per parcheggiare in liquidità le proprie risorse finanziarie su qualsiasi banca in tutta Europa. Una volta appreso e metabolizzato che l’era dei banchieri centrali come salvatori di ultima istanza dei corsi azionari sta per giungere al termine, si dovrà a quel punto fare i conti con quello che resta di questa crisi. Rispetto al 2008 abbiamo alcune certezze (poche) ovvero che non si tratta di una crisi sistemica, ma di una crisi di transizione. In buona sostanza stiamo vivendo uno stadio pupale quindi di metamorfosi con il lento ritiro ed ingerenza delle banche centrali dalla vita di tutti i giorni e il ridimensionamento di molti players mondiali. Primo fra tutti proprio Pechino che è cosciente di quanto si è venuto a creare in Cina negli ultimi tre anni e ora deve con sapienza e delicatezza, con scossoni tuttavia sopportabli, riportare l’equilibrio in Asia.
Non sto dicendo che non vi sono rischi sul versante cinese. Personalmente riservo timore ed ansia anche per i miei stessi investimenti finanziari. Tuttavia la presunzione che hanno le più grandi investment house del mondo confida nella regia autoritaria di Xi Jinping, quale nuovo traghettatore della Cina verso un nuovo modello di sviluppo economico maggiormente sostenuto dai consumi interni cinesi. Questa fase di metamorfosi trova inoltre un terreno di sviluppo unico con tutte le principali materie prime strategiche ai minimi degli ultimi due decenni, in taluni casi. Sicuramente questo giova a molti paesi industrialmente voraci, ma non dimentichiamo che danneggia anche quelli che sino ad oggi hanno gozzovigliato grazie al’export soprattutto di risorse energetiche e che al contempo erano anche investitori diretti nei confronti dei medesimi paesi a cui vendevano tali risorse. Stiamo vivendo un ribilanciamento pertanto, che potrebbe durare anche tre anni prima di permettere la comprensione dei nuovi equilibri mondiali in ambito geoeconomico. La forza del dollaro inoltre sta fungendo da vero corroborante proprio per quei paesi che ora si troverebbero già in ginocchio da tempo. Molte case di gestione per questo non lanciano l’allarme per quanto sta accadendo, quanto piuttosto un warning, bargain ahead ossia attenzione, opportunità, occasione più avanti. Riferendosi nelo specifico alla fase di correzione che stanno vivendo moltissimi asset class da inizio anno. Siamo entrati in un bear market ? Quante volte me lo stanno chiedendo in queste ultime settimane: è iniziata la discesa ?
Ci aspettano anni e anni di contrazione ? Proprio per quanto abbiamo detto prima la risposta non è cosi scontata. Di certo abbiamo classi di attivo che si erano gonfiate troppo e che si reggevano grazie all’eroina dei banchieri centrali ed alle fosche certezze che arrivavano dalla Cina. Probabilmente stiamo vivendo più un ritorno alla normalità, questo tuttavia non significa essere staccati dai mercati e pensare che tutto si risolverà con una performance positiva per la fine dell’anno, perchè questo lo vediamo molto difficile. Di certo è arrivato il momento di essere falchi (to be hawkish) anche per i piccoli investitori affrontando il mercato che ci attende nei prossimi mesi con un approccio tattico più aggressivo, in grado di sopportare tanto la volatilità ed anche i possibili momenti di panico che si potrebbero manifestare. Sir John Templeton, considerato il più grande gestore di patrimoni dello scorso secolo, fondatore della casa di gestione che porta il suo cognome, era solito dire che in borsa si fanno performance quando per le strade scorre il sangue, riferendosi alle giornate di forti e improvvisi ribassi per strade insanguinate. Quest’anno ritengo che proprio questo debba essere il leit motiv per chi è investito sui mercati finanziari ossia librarsi in alto come un falco aspettando il momento propizio per virare in picchiata quando si intravede una facile preda sul proprio sentiero. Purtroppo fare il ghiro, quindi il cassettista con tutte le provviste ritirato nella tana ad affrontare il letargo, come si fece con successo nel 2008 e 2009 non è proprio possibile questa volta visto che non esistono più safe harbour (porti sicuri) in cui ormeggiare per qualche trimestre o semestre aspettando sonnachiosi che la tempesta sia passata.