Finita ormai da tempo la favola del nuovo mondo incantato. La realtà è sotto gli occhi di tutti, dissimulare o far finta che non sia accaduto niente dimostra disonestà intellettuale oltre che cialtroneria finanziaria. Nonostante questo, qualche imbonitore dal passato fosco e fallimentare continua a raccontare che il Bitcoin è il nuovo Graal e che con esso inizierà un nuovo mondo finanziario. Facciamo il punto su una delle più grandi bolle finanziarie della storia del capitalismo moderno. Il Bitcoin ha intrapreso una lenta e progressiva strada di ridimensionamento delle quotazioni, dopo lo storico e folle record dei 20.000 dollari per unità di conto dello scorso dicembre. Oggi vale meno di 7.000 dollari ed il quadro tecnico appare in continuo peggioramento: in prima battuta per la preoccupante struttura grafica a massimi decrescenti ed in secondo luogo per quella che è conosciuta dagli analisti dei mercati finanziari come la croce della morte (death cross) ossia l’incrocio dall’alto verso il basso della media mobile veloce a 50 periodi con quella lenta a 200 periodi. La death cross rappresenta uno dei più credibili ed efficaci segnali di inversione di qualsiasi trend in atto, un segnale di inversione che viene sempre attenzionato dagli operatori istituzionali che possono in questo modo avere il tempo necessario per effettuare una rotazione o uno smobilizzo di portafoglio. La death cross anticipa in genere la propulsione di una nuova ondata ribassista. Il Bitcoin ha recentemente sondato con molta timidezza e senza convinzione la tenuta del primo livello tecnico di supporto in area 6.500 dollari, che rappresenta il minimo relativo messo a segno dopo il violento sell-off durante il mese di febbraio.
I traders si aspettano la rottura di questo supporto con una nuova discesa in area 5.000 dollari, la quale aprirebbe le porte alla caduta in area 3.000 dollari in caso di una sua mancata tenuta. L’analisi tecnica rispetto al passato inizia ad essere molto più credibile rispetto a qualche anno fa, questo in considerazione di un mercato parallelo regolamentato ossia quello del future al CME. Le notizie non sono più tanto market mover come lo sono state durante lo scorso anno: fermatevi ad esempio a pensare quante volte ore sentite menzionato il Bitcoin durante un telegiornale. La dinamica della capitalizzazione del mondo cripto rappresenta una spia rossa accesa da qualche tempo, soprattutto se correlata alla Bitcoin Dominance. Infatti siamo passati dai quasi 900 miliardi di qualche mese fa agli attuali 250, con la percentuale di dominance che è crollata dal 70% al 35%, per poi assestarsi all’attuale 45%. La lettura di questo dato è fondamentale per comprendere il quadro complessivo: il Bitcoin non attira più tanti capitali come prima in termini percentuali. Significa che molto denaro caldo non si rifugia necessariamente nel Bitcoin, ma preferisce i suoi competitors, soprattutto Ethereum e Bitcoin Cash. Chi mi scrive chiedendomi una nuova proiezione su questa criptovaluta in considerazione che quanto descritto ed analizzato in precedenza si è praticamente realizzato quasi integralmente, dovrebbe soffermarsi su questo elemento discriminatorio: il Bitcoin non è più monopolista di mercato. I giribolla che abbiamo visto nel passato adesso devono metabolizzare questo scenario, e non dimentichiamo che mantenere posizioni lunghe che sono in equity negativa per il 40 o 60% non è facile nemmeno per i più fervidi bitcoiners believers.
Immaginate infatti di essere entrati tra i 10.000 ed i 15.000 dollari confidando nella favola che veniva decantata qualche mese fa con il Bitcoin indirizzato agli oltre 500.000 dollari: adesso cosa fareste ? Rimanete in posizione anche se si prospetta una discesa sino in area 3.000 dollari. Per quanto siate duri e puri, la psicologia alla lunga vince sempre. Le analogie con il crollo del Nasdaq durante il 2000-2001 che portò l’indice dei titoli tecnologici dal record dei 5.000 punti al minimo dei 1.000 due anni dopo sono evidenti. Per la cronaca ci sono voluti quindici anni per rivedere il Nasdaq nuovamente a 5.000 punti. Proprio come diciotto anni fa si esaltava oltre ogni limite tutto quello che non era convenzionale: ricordiamoci la moria di società quotate che ci fu negli anni successivi. In Italia, qualcuno immagino lo ricorderà, avevamo il Nuovo Mercato alla Borsa di Milano che venne risegmentizzato e ridenominato nel 2005. Qualcuno oltre a Tiscali (Renato Soru era considerato l’Elon Musk italiano) rammenterà anche il caso di E-Biscom e di Finmatica, aziende che all’epoca erano caratterizzato da una attenzione mediatica oltre misura per il business che stavano sviluppando. Oggi non esistono più perchè fallite o fagocitate da terze parti per il loro precario stato di salute. Lo stesso si potrebbe evidenziare per le ICO di questo momento storico: circa 2/3 falliscono entro un anno a causa di un management (troppo spocchioso ed inesperto) incapace di gestire l’azienda ed il business model proposto, senza dimenticare le truffe (scam) esistenti grazie all’assenza di normativa.
Il restante 1/3 dovrà invece essere in grado di sopravvivere alla selezione naturale del mondo delle imprese, a prescindere del fatto che siano aziende della digital economy. Il lato oscuro delle ICO impatta negativamente sulle criptovalute, facendo allontanare il pubblico retail ed il suo interesse potenziale. Guardate ora quanto e come si parla di Bitcoin nelle palestre tra i tapis roulant. Durante la fine dello scorso anno negli Stati Uniti gli studenti universitari usavano parte del prestito studentesco per acquistare impunemente criptovalute proprio come se fossero un biglietto della lotteria. Molte ICO in corso vengono rimandate o addirittura rimborsate (a me è già capitato due volte recentemente) nella consapevolezza che non è un buon momento per il mondo cripto e soprattutto per le quotazioni future delle principali criptocurrency. L’unica possibilità di cui ho recentemente udito per consentire al Bitcoin di ritornare in auge a fronte di esigenze pratiche, che non sono certamente quelle dei mobile ed istant payment, è rappresentata dalla sua possibile conversione in un asset class finanziaria astratta che andrà a sostituire il ruolo che ha avuto la Svizzera per molti decenni. Sto parlando della possibilità di trasformarsi in uno strumento di segregazione patrimoniale, che permette pertanto di allocare una parte di risorse finanziarie nella blockchain sapendo che queste ultime non possono essere aggredite da terze parti (coniuge, creditori vari, banca, tax authority e cosi via) in forza della decentralizzazione monetaria della blockchain. Tuttavia questa eventualità affinchè possa prendere piede e diffondersi con successo necessita assolutamente della stabilizzazione delle quotazioni: cosa che al momento ed in passato non abbiamo mai potuto osservare.