Ovunque cripto. In qualsiasi luogo o environment sociale non si parla d’altro. Il Bitcoin regna sovrano ovviamente come tema dominante, tuttavia si inizia finalmente anche a sentir parlare dei suoi concorrenti più credibili e questo dalla stampa non di settore, ma in qualsiasi periodico settimanale. La capitalizzazione del crypto world sta crescendo con una velocità preoccupante giorno dopo giorno: solo in una settimana è salita di oltre cento miliardi avvicinandosi ai seicento miliardi di dollari. Utilizzo l’aggettivo preoccupante in quanto questo fenomeno finanziario completamente non regolamentato molto presto lo diventerà. Le conseguenze in tal senso saranno devastanti tanto per gli exchange quanto per le rispettive blockchain. Si sta dirottando infatti su questi mercati troppo denaro senza i consuetudinari protocolli KYC ossia know your client. Vale a dire che l’apertura di un conto in un exchange che vi consente di convertire il vostro denaro ordinario (fiat currency) in una qualche nuova valuta non è soggetta a procedure di valutazione e discriminazione significativamente credibili. Chi ha aperto un proprio conto si è reso conto di questa peculiarità sin da subito: una volta che hai caricato una copia della tua carta di identità unitamente ad un proof of address (generalmente il frontespizio del proprio conto corrente) si viene abilitati ad operare. In queste ultime settimane vista la frenesia della bitcoinmania numerosi exchange hanno disabilitato la possibilità di registrarsi per richiedere l’apertura di un nuovo conto di trading in quanto incapaci nel far fronte all’impennata delle richieste.
Ancor più grave invece risulta l’inattività temporanea dei prelievi. Che sia temporanea ce lo dicono proprio gli stessi exchange. Ve lo spiego con un caso pratico: mi ha scritto un lettore che aveva investito su uno dei primi cinque exchange al mondo (così non ne riveliamo il nome) qualche migliaio di euro in Bitcoin, questo ancora durante la prima metà dell’anno. Quando la quotazione si è portata a ridosso dei 15.000 dollari per unità ha deciso di smobilizzare ¾ della posizione lasciando correre il resto. Con il controvalore realizzato potrebbe tranquillamente acquistare un SUV di ultima generazione. Ho detto potrebbe perchè da quasi due settimane sta tentando di prelevare questa somma senza riuscirci. Sostanzialmente l’exchange in questione non permette di prelevare la posta in questione: lo fa oltre tutto con grande diplomazia sostenendo che vi sono verifiche legali da effettuarsi da parte del Compliance Department e che a breve il denaro richiesto in prelievo verrà inviato. Faccio presente che il conto di trading risulta già stato verificato da mesi e che non è soggetto ai limiti di prelievo che invece hanno i conti non verificati. Mi ha chiesto che cosa può fare: risposta, nulla. L’exchange in questione non ha un numero di contatto telefonico, si trova dall’altra parte del mondo e non ha nemmeno una chat di supporto in tempo reale. Permette solo di poter aprire un ticket in remoto per segnalare una qualche anomalia.
A quel punto devi aspettare e sperare che ti rispondono, cosa che fanno dopo qualche giorno adducendo scuse patetiche o inventandosi fantomatiche regolamentazioni da rispettare (che ovviamente non esistono per un mercato non regolamentato). Cercando fonti di riscontro su quanto esposto ho approfondito il tutto in alcuni forum di crypto traders i quali si lamentano a iosa di questi comportamenti sempre più frequenti, anomali e poco rincuoranti. Pensateci un momento: se hai la liquidità sul tuo conto di trading per quale motivo non potrebbe essere prelevabile ? Forse perchè (con presunzione) quella liquidità non è effettivamente disponibile in termine di provvista finanziaria nell’exchange. Significa che gran parte dei depositi in questo mondo virtuale non sono depositi a vista ma depositi fiduciari, dal punto di vista pratico l’exchange potrebbe comportarsi proprio come una banca tradizionale la quale ricorre al meccanismo della riserva frazionale per dare supporto alla sua attività di prestito bancario. Infatti i prelievi sono sempre disponibili per importi modesti o che rientrano all’interno di una fascia di confidenza, tuttavia quando superano tali parametri necessitano di essere prenotati con largo anticipo per consentire all’istituto bancario di organizzarsi per raccogliere il contante. Nel caso di ogni exchange non vi sono obblighi di legge in tal senso: se non vogliono o non possono metterli a vostra disposizione non potete fare niente. Solo parlarne male all’interno di qualche forum. Proprio quello che sta accadendo sul piano pratico.
Personalmente ho avuto difficoltà similari con un altro exchange (con base in seno alla UE) il quale mi imponeva di aspettare anche qualche giorno prima di poter spostare le unità di una criptovaluta acquistata presso un wallet esterno. Tranquilli non è il Bitcoin, sto parlando di Ethereum. Ho investito da tempo e continuo a farlo solo ed esclusivamente nei confronti di questa crypto currency, che rappresenta il principale competitor del Bitcoin. Ethereum e la sua blockchain consentono infatti l’accesso al mondo delle ICO ossia degli investimenti in capitale di rischio nelle start-up del mondo Fintech e delle blockchain di seconda generazione. Ne ho già fatta menzione anche in un altro post in precedenza: l’interesse per questa crypto currency è puramente strumentale infatti la compravendita di Ethereum serve per dotarsi di una provvista valutaria da utilizzare successivamente per investire nelle varie ICO che ogni mese sono disponibili ad investitori esterni. Per accedere a queste ICO si necessita di un wallet sulla blockchain di Ethereum in quanto le azioni (tokens) che si ottengono in cambio di una sottoscrizione sono compatibili solo con il protocollo ERC20 all’interno della blockchain di Ethereum. Viste le istanze formulate da numerosi lettori vedrò di dedicare una parte del sito con l’inizio del nuovo anno in cui saranno disponibili le analisi e le descrizioni delle ICO più promettenti. Ricordando in ogni caso che questa tipologia di investimento non è assolutamente adatta ed alla portata della maggior parte delle persone visti i requisiti di competenze informatiche necessari e gli elevatissimi rischi connessi alla mancanza di protocolli di sicurezza.