Segnatevi questa data il 15 Giugno: è il compleanno di Xi Jinping, l’attuale Presidente della Cina o della Repubblica Popolare Cinese. Mandategli un telegramma ogni anno d’ora in poi per felicitargli i migliori auguri di prosperità politica e benessere spirituale. Quest’anno compie 65 anni, politicamente un’età importante, quella in cui solitamente si riesce a dare il proprio meglio. L’esito delle elezioni politiche italiane ha messo vistosamente in secondo piano la notizia arrivata da Pechino. L’Assemblea Nazionale del Popolo (National People’s Congress) ha approvato la modifica della Costituzione Cinese consentendo ora la durata del mandato a vita del Presidente contro il precedente limite dei due mandati. Andate a dirlo ai grillini. Significativa anche la dinamica del voto di questa camera legislativa (l’istituzione statale cinese più importante) che ha approvato la riforma costituzionale: 2.958 favorevoli su 2.963 rappresentanti del popolo (sarebbe offensivo chiamarli deputati). Si tratta di un plebiscito, non di una votazione. Se in Italia usassimo il medesimo metro di paragone per calcolare il numero dei nostri rappresentati del popolo, allora in luogo dei quasi mille attuali dovremmo averne poco meno di centotrenta. Interessante anche sapere quante donne sono presenti nei seggi parlamentari, meno del 20% sui quasi tremila disponibili. Quelle che arrivano ad essere votate, con l’elaborato sistema di selezione dei candidati, sono quasi sempre mogli o parenti di qualche dirigente del Partito Comunista. Come direbbe una delle persone più denigrate in Italia, Laura Boldrini, che grazie al nostro Dio non è più Presidente della Camera: merita una riflessione, questo. Esatto, merita riflettere su due circostanze palesi che cozzano contro il senso e la retorica comune occidentale.
In prima battuta il concetto di democrazia e forma di governo almeno cosi come lo intendiamo anche noi italiani e la presenza delle donne nella vita governativa di una nazione. Non entro nel merito, mi limito a constatare una realtà. La nazione che si sta comprando letteralmente quella parte del mondo attualmente in vendita e che sta meticolosamente pianificando la sua trasformazione socioeconomica imponendosi su tutto e su tutti (ricordiamo che entro il 2025 supereranno gli USA) lo sta facendo con un modello di governance politica che si basa su una scadenza a lungo termine (anche 25 anni), una assenza di concertazione tra le varie parti sociali ed una insignificante (eufemismo) partecipazione femminile alla definizione ed implementazione di tali scelte. Mao Tse Tung, il Grande Timoniere, era solito dire che le donne portano sulle loro spalle una metà del cielo, e pertanto quello che trovano sulla terra, alla pari degli uomini che sostengono l’altra metà, se la devono conquistare. Manifestare questo pensiero apertamente durante uno degli scioperi organizzati dai movimenti femministi andati in scena l’8 Marzo di quest’anno sulle più grandi capitali europei potrebbe condurre a morte certa. Tuttavia in Asia il ruolo dell’individuo e della donna in rapporto alla società è notevolmente diverso rispetto ai paesi occidentali: possono scioccare le statistiche cinesi che evidenziano come per la maggior parte delle donne cinesi il ruolo ed ubicazione che ritengono di avere sia esclusivamente all’interno del nucleo familiare (oltre il 60% sostiene questa view). La percentuale sta scendendo ovviamente a seguito dell’influsso occidentale, tuttavia siamo molto distanti ancora dai modelli europei.
Tornando a Xi Jinping, il nuovo mandato a tempo indeterminato lo trasforma nell’uomo più potente che la Cina abbia mai avuto e forse anche del mondo intero, scavalcando persino Vladimir Putin; deltronde la Cina di Mao non aveva il medesimo ruolo ed ingerenza sul resto del mondo di quella che ha ereditato e portato allo sviluppo il Presidente Xi. Proprio qui dobbiamo porre la nostra attenzione: la decisione di cambiare il modello di sviluppo economico cinese da grande fabbrica del mondo a basso valore aggiunto voluto da Hu Jintao (il presidente precedente) e la Cina di oggi concentrata a diventare il paese leader al mondo in ogni campo di sviluppo ed applicazione tecnologica rappresenta una manifestazione concreta della volontà di Xi Jinping. stesso. Non stupiamoci pertanto se tra meno di cinque anni il meglio dell’high tech sarà solo Made in China. Questo piano di riconversione e ridefinizione della mission strategica di una nazione non si può implementare con un mandato a breve termine (del tipo cinque anni) e tanto meno con una governance che necessita di larghe ed estenuanti intese trasversali su ogni piccolo passo. Solo con una guida autoritaria e dinamica (smart) per molto tempo, se occorre anche 25 anni, si riesce a conseguire un tale risultato che produce benessere in senso trasversale per un’intera popolazione. Pensate solo al cambio di stile di vita in Cina per oltre 700 milioni di persone che sono passate dalla povertà endemica alla capacità di far studiare i propri figli nelle migliori università del mondo. La Cina sta tornando a riprendersi la sua posizione sul podio mondiale, quella che ha avuto per oltre quattro millenni e per farlo non si affida alla democrazia.
Come riportato in un precedente post, lo stesso Aristotele allertava con preoccupazione sui rischi congeniti insisti nella democrazia, per quanto essa possa essere avvincente in termini puramente dialettici. Fermiamoci un momento noi italiani a fare una riflessione meditando sul nostro impasse ed attuale incognita politica. Dopo cinque anni di governi cosiddetti democratici che non hanno votato elettoralmente nessuno, ci ritroviamo con un scenario politico peggiore di quello del 2013. Troppa democrazia, troppa rappresentanza farlocca parlamentare producono una situazione di stallo in un momento storico in cui i grandi players planetari sembrano avviati a scontrarsi uno contro l’altro in tema di politiche commerciali. Pensiamoci bene: fatalità non riguarda solo gli italiani, hanno vissuto vicende similari: gli inglesi con Cameron, gli spagnoli con Rajoy, gli olandesi con Rutte, i greci con Tsipras e recentemente anche i tedeschi con la Merkel. Governare con troppe limitazioni nel rispetto della rappresentanza proporzionale con un mandato che se ti va bene si conclude entro cinque anni non ti porta da nessuna parte, sapendo con grande presunzione che la cosiddetta alternanza democratica permette a chi ti succede di rimescolare le carte annullando o cassando quanto fatto in precedenza, spesso solo per rivalsa politica. Gli stessi USA ora si trovano innanzi ad una possibile cambio di scenario che nel lungo termine rischia di portare alla morte proprio il dollaro americano con le recenti emanazioni del Governo Trump limitative al commercio globale. La Cina è entrata lentamente in disgrazia all’inizio del 1900 con la fine dell’ultima dinastia imperiale (Qing) a cui ha avuto seguito quasi mezzo secolo di decadente repubblica popolare che ha creato i presupposti per la fallimentare dittatura comunista di Mao incentrata sulla chiusura commerciale con il resto del mondo. Solo con una nuova visione economica di apertura ai capitali stranieri voluta da Deng Xiaoping, la Cina si riprende il ruolo di attore principale nell’economia mondiale grazie ad una nuova leadership autoritaria e di forte contrasto con il paradigma socioeconomico che sino ad allora aveva imperato.