Michael Novogratz, amministratore delegato di Galaxy Digital, la più grande merchant bank al mondo che investe istituzionalmente in asset digitali, durante una recente intervista su Bloomberg ha affermato che il crypto winter è terminato. Lo ha seguito a ruota, confermando questa view di mercato, anche Thomas Lee, Head of Research di Fundstrat Global Advisors, quest’ultima tra le più prestigiose società di analisi finanziarie indipendenti che offre servizi di consulenza e gestione patrimoniale a clienti istituzionali come fondi pensione e fondi di investimento tradizionali. Secondo queste due voci molto autorevoli nella criptosfera, il periodo ribassista che ha caratterizzato tutte le criptovalute durante il 2018, in seguito alla scoppio della Bitcoinmania, può essere considerato ormai terminato ed archiviato. Chi segue l’andamento delle principali criptovalute avrà avuto modo di notare che durante i primi tre mesi dell’anno le loro quotazioni hanno iniziato dapprima una lenta fase di stabilizzazione per poi iniziare una successiva propulsione rialzista. La capitalizzazione mondiale è passata per questo dai 100 miliardi di dollari agli oltre 250 miliardi attuali. Quasi tutte le principali altcoins ad elevata capitalizzazione hanno nel frattempo raddoppiato le loro quotazioni, citiamo il caso rilevante di Litecoin ed EOS che hanno fatto molto meglio della media di mercato arrivando anche a triplicare il loro valore in appena due mesi.
Durante la scorsa estate invece abbiamo assistito alla lenta e progressiva caduta delle quotazioni sino alla metà di novembre quando la discesa si è accentuata in concomitanza all’hard fork sul Bitcoin Cash. Lo scorso anno sostanzialmente è uscito dal mercato lo stupid money, quello che era entrato senza alcuna logica durante la seconda parte del 2017 sulla scia dell’enfasi mediatica che aveva caratterizzato il rally del Bitcoin sino al record dei quasi 20.000 dollari. I dodici mesi si è scesi sino a sfiorare i 3000 dollari per poi iniziare una interessante fase di accumulazione che ha stabilizzato le quotazioni e successivamente innescato un nuovo pump rialzista. Cosa è cambiato rispetto ad un anno fa ? Iniziamo riprendendo proprio i recenti commenti al mercato dei due tycoons della criptosfera, i quali entrambi concordano sulla bontà della fase di accumulazione attualmente in atto. Quest’ultima appare anche confermata dall’ingresso di grandi operatori istituzionali del risparmio gestito come Fidelity Investments che ha deciso di investire in ottica strategica di lungo termine, non solo per se stessa ma anche per i suoi prime clients. Numerosi exchange hanno inoltre asserito che l’accumulo progressivo di posizioni tattiche su Bitcoin ed i principali peers come Litecoin e Ripple, riguarda anche i wallet di recente apertura.
In analisi tecnica il dato più confortante è rappresentato dalla golden cross ossia l’incrocio della media mobile a 50 periodi dal basso verso l’alto contro la media mobile a 200 giorni: questo pattern grafico rappresenta solitamente un valido segnale di inversione di trend, molto utilizzato dai gestori di fondi quando devono allocare molte risorse finanziarie verso un asset specifico. Sia Novogratz che Lee inoltre confidano che il Bitcoin inizierà una lenta fase di stabilizzazione delle quotazioni tra 7.000 e 10.000 dollari, dalla quale a seguire si originerà una nuova spinta rialzista che dovrebbe portare la regina delle criptovalute a superare l’asticella dei 20.000 dollari durante il 2020. La Security & Exchange Commission ha sentenziato che al momento non vi sono ancora le condizioni per autorizzare l’emissione di un ETF a replica fisica di Bitcoin, tuttavia facendo comprendere tra le righe che questa reticenza non potrà durare in eterno. Ad alimentare il fomo (fear of missing out) per una nuova bull run ci ha pensato anche Facebook, comunicando al mondo intero l’intenzione di lanciare entro la prima metà del 2020 una propria criptovaluta dal nome fantasioso di Global Coin. Ricordo inoltre che verso la metà del 2020 andrà a regime il nuovo block reward halving il quale dimezzerà la ricompensa per i miners di Bitcoin (pertanto avremo un’offerta monetaria in contrazione).
Durante la seconda metà dell’anno pertanto possiamo aspettarci una ulteriore salita della capitalizzazione mondiale con una elevata possibilità di rivedere il Bitcoin nuovamente sopra la soglia dei 10.000 dollari. In termini di asset allocation appare ormai assodato come nei prossimi anni il numero delle criptovalute effettivamente trattate ed utilizzate potrebbe assestarsi ad appena qualche dozzina, facendo letteralmente scomparire le oltre 2000 attuali, di cui già oggi si può dire che la metà rappresentano dead coins ossia progetti falliti o peggio truffe conclamate. Gli investitori istituzionali si stanno infatti concentrando sul coin picking, vale a dire che cosa acquistare e per quali motivazioni: si tratta di identificare quali saranno i long term winners. Il Bitcoin sembra destinato a trasformarsi in una sorta di commodity finanziaria, assolutamente inutile per le micro transazioni istantanee, proprio la ragione per cui era originariamente nato: al momento infatti una average transaction in BTC è gravata da una transaction fee di quasi 1.5 dollari contro i 5 centesimi del Litecoin o meglio ancora zero centesimi di dollari per IOTA o Nano. Sono innumerevoli infatti le altcoins che si scontreranno tra loro sul mercato per ottenerne il monopolio o la leadership indiscussa: pensiamo alle transazioni non tracciate in cui competono già oggi oltre una dozzina di criptovalute, le cui più conosciute sono rispettivamente Monero, Zcash e Verge. Molto plausibile che entro cinque anni esisteranno comparti finanziari tradizionali che consentiranno di avere una esposizione diversificata alle principali criptovalute più utilizzate al mondo, proprio come fanno alcuni ETC con le principali commodity mondiali.