Durante la seconda metà del 2018 l’attesa per l’approvazione di un primo ETF in Bitcoin da parte della SEC (Securities Exchange Commission) ha rappresentato forse il principale tema di discussione ed anche preoccupazione all’interno delle varie traders community nel mondo. In effetti uno strumento finanziario regolamentato come un ETF che replica fisicamente l’andamento del prezzo della criptovaluta più famosa al mondo avrebbe può cambiare velocemente le sorti e la capitalizzazione della criptosfera mondiale. Un ETF infatti permetterebbe a chiunque di avvicinarsi al mondo degli investimenti in asset digitali tramite i canali ordinari, quindi ad esempio un ordine inviato tramite la propria normalissima piattaforma di trading online oppure anche una telefonata alla propria banca affinchè acquisti il tal strumento finanziario regolamentato. Molto più facile e pratico di acquistare un singolo Bitcoin presso una altcoin exchange, senza dimenticare i rischi connessi a tale acquisto in via successiva come furti da parte di hackers o perdita delle chiavi di accesso del proprio wallet. Provate a vedere adesso nei Google Trends quante volte compare la parola “Bitcoin” tra le ricerche effettuate dagli utenti: sostanzialmente è scomparsa dalle classifiche delle hot words ossia delle parole o temi più caldi. Il tutto è interessante per chi ha deciso di iniziare a costruire una posizione strategica di lungo termine sul mondo della criptosfera.
Ricordate infatti che le ricchezze si costruiscono quando scorre il sangue per le strade, cosi sosteneva Sir John Templeton, alludendo alle pesanti contrazioni dei mercati finanziari, momenti sensazionali, secondo il più grande gestore di patrimoni del 1900, per effettuare acquisti di strumenti finanziari da smobilizzare in un secondo momento in prossimità di episodi di esuberanza irrazionale da parte dei piccoli investitori. Durante il 2018 sono state inoltrate numerose richieste di autorizzazione di un ETF in Bitcoin da parte di svariati attori di mercato, tra i più conosciuti citiamo i gemelli Winklevoss, i quali ricevettero 65 milioni di dollari come risarcimento da Mark Zuckerberg (fondatore di Facebook) per aver copiato il loro social network denominato ConnectU (il reato federale attribuitogli era il furto di proprietà intellettuale). Investirono gran parte di quel denaro in una dotazione strategica di Bitcoin in tempi remoti, tanto che oggi possono vantare di detenere oltre il 1% della disponibilità monetaria mondiale. Questa è una delle principali ragioni per cui la SEC al momento continua a spostare in avanti la data per una possibile autorizzazione, vale a dire il fatto che pochi soggetti (le balene del Bitcoin) detengano spropositate quantità di Bitcoin e pertanto possano (volendo) manipolare a loro piacimento il mercato e la quotazione.
Numerosi strategist si sono recentemente espressi sul temporeggiare della SEC e ritengono ormai all’unisono che durante il 2019 difficilmente si potrà assistere all’approvazione di un ETF a replica fisica di Bitcoin. Questa view aiuta a comprendere pertanto la continua debolezza di tutta la criptosfera, la quale vede costantemente scendere la capitalizzazione mondiale mese dopo mese. Siamo piuttosto consapevoli ormai che delle oltre duemila altcoins quotate al mondo tra cinque anni forse ne rimarranno in vita meno di un centinaio: la motivazione principale che supporta questo outlook è legata all’affollamento di operatori nel mondo dei pagamenti con criptovalute, nel settore dell’intermediazione (altcoins exchange) ed infine nello sviluppo di blockchain platform per la creazione di dapp (digital application). Solo il settore degli universal wallet è ormai saturo, sto parlando delle società che sviluppano un wallet che permette di ricevere, inviare e segregare altcoins. Non parliamo degli exchange, ve ne sono oltre ducento sparsi nel mondo, tre quarti dei quali con volumi inferiori ai 50 milioni di dollari su base settimanale. Torno indietro con la mente al 1999 e penso a quante società (tra banche e sim) vi erano solo in Italia che offrivano un conto per il trading online: a distanza di due decenni ne sono rimaste di valide appena cinque.
La stessa cosa accadrà anche alla criptosfera nei prossimi anni: per questo motivo è necessario effettuare una selezione strategica delle altcoins concentrandosi su quelle che stanno sviluppando un business model, possibilmente in regime di monopolio, che serve e servirà effettivamente a risolvere delle necessità pratiche nella vita di tutti i giorni. In altri redazionali ho fatto menzione di Crypterium, TenX, Populous, Maker o VeChain, tutte altcoins che si stanno distinguendo rispetto alla massa per la loro missione imprenditoriale. In tal senso sarebbe pertanto preferibile in ottica strategica avere in portafoglio proprio quelle altcoins che già oggi hanno dimostrato di avere delle prime applicazioni pratiche riscontrabili con successo piuttosto che scommettere spudoratamente su un basket generico di altcoins ponderato in base alla capitalizzazione di mercato. Il futuro del Bitcoin rimarrà comunque un mistero, al di là delle farneticazioni di invasati mentali che lo hanno eletto ad unico progetto di blockchain credibile e spendibile nel futuro. Al momento attuale ricordiamo che le famigerate price predictions di esponenti di prestigio della criptosfera (Novogratz, McAfee) sono ampiamente state disattese proprio dall’andamento del Bitcoin dutante tutto il 2018. Non dimentichiamoci mai infine che proprio le balene potrebbero servirsi di loro per manipolare artificiosamente la quotazione nel breve termine.