Ha manifestato molto più interesse di quanto potessi immaginare il redazionale dello scorso mese incentrato sull’analisi degli ETF e delle loro tipiche caratteristiche in qualità di strumenti finanziari regolamentati. Dalle email ricevute durante le settimane successive è emerso un quadro piuttosto sconfortante: la maggior parte di quelli che investono in ETF non ha minimamente idea in che cosa stia investendo. Semplicemente ha riversato parte del proprio patrimonio in tipiche posizioni buy and hold (come un cassettista) mediante il ricorso ad un basket selezionato di ETP (termine che definisce genericamente gli exchange traded product a sua volta suddivisi in ETF, ETC de ETN). Chi ha una posizione lunga sulle materie prime, chi ne ha una corta sul tal indice azionario e chi invece, molto più audace, ha prediletto quelle in leva sull’inflazione, sul prezzo del petrolio o sul rapporto di cambio euro/dollaro. La motivazione che ha spinto a prediligere sostanzialmente gli ETP è la loro economicità, vale a dire il costo di gestione del prodotto da parte dell’emittente. Si comprano gli ETP perchè costano poco, consentono di replicare (in teoria) la performance di un benchmark o di un mercato specifico e sono facilmente liquidabili in borsa in tempo reale con un click di mouse senza tante lungaggini amministrative (tipo moduli da firmare). Detta così sembrerebbe l’eden dei mercati finanziari: basta selezionare il benchmark con più probabilità di performare durante l’anno ed il gioco è fatto. La realtà purtroppo è molto differente.
Abbiamo già analizzato e descritto in precedenza le differenze degli ETF a replica fisica e sintetica e che cosa questo comporti per ogni detentore in termini di rischio e costo effettivo della posizione a consuntivo di ogni trade. Adesso proseguiamo con la narrazione e spieghiamo con maggior approfondimento l’aberrazione del compounding effect che produce spiacevoli sorprese alle performance quando si mantengono posizioni per un periodo di tempo prolungato con gli ETP, soprattutto quelli a leva e strategia ribassista (short strategy). Tanto per iniziare rassegnatevi se pensate di inventarvi qualcosa per non essere soggetti agli effetti del compoundig in quanto quest’ultimo è un mero effetto matematico che contraddistingue tutti gli ETP a replica sintetica. Per introdurlo partiamo dal racconto di un lettore il quale aveva investito in un ETC (exchange traded commodity) che replicava antiteticamente l’andamento del petrolio con un effetto leva 3X. Quindi se il prezzo del petrolio fosse sceso, la sua posizione avrebbe (in teoria) guadagnato per tre volte in percentuale quanto perduto dall’oro nero. La ratio che supportava la sua decisione di investimento era collegata a quanto stava accadendo negli USA con la rivoluzione dello shale oil. Pertanto ci si aspettava una significativa correzione del prezzo nei mesi a venire. Diciamo che il suo timing di ingresso non è stato particolarmente favorevole, pur tuttavia dopo qualche mese di sofferenza, il mercato dà ragione al nostro lettore ed il petrolio inizia a scendere. Stiamo parlando di un trade effettuato ancora tre anni fa.
Proprio qui ci si accorge che qualcosa non torna in quanto il prezzo del greggio scende di quasi il 15% rispetto ai livelli di prezzo che aveva il nostro lettore quando decise di costruire tatticamente il suo trade speculativo. La performance che invece risulta stesse conseguendo era di poco superiore al 10%, il che appare insensato visto che con l’effetto leva (3X) avrebbe dovuto attestarsi ad almeno il 40%. Questa aberrazione è dovuta proprio al compounding effect: con questo termine si suole definire il ribilanciamento con effetto cumulativo sul calcolo del NAV. Per spiegarlo con una terminologia facilmente comprensibile: i profitti o le perdite generati o subite da un ETP in un determinato periodo influenzano la base sulla quale sono calcolati i rendimenti del periodo successivo. Questo sul piano pratico comporta che in assenza di un andamento lineare della performance del mercato di riferimento o del benchmark prescelto è matematicamente impossibile replicare la performance nel rispetto dell’effetto leva atteso. Per andamento lineare si intende ad esempio la caduta del 15% del prezzo del petrolio senza assistere ad episodi di recupero o pullback delle quotazioni, che ovviamente obbligano a ribilanciare il NAV del fondo. Questa considerazione tecnica è fondamentale per comprendere tali prodotti e la loro effettiva bontà: se ci troviamo infatti innanzi ad un mercato laterale o con elevata volatilità, possiamo dire addio agli effetti tracotanti della leva.
Anzi molto spesso proprio quest’ultima ci presenta uno spiacevole effetto boomerang visto che sono veramente poche le occasioni di poter beneficiare di una performance con sviluppo lineare (immaginate cinque candele rosse con time frame giornaliero in cui il prezzo di apertura di ogni candela coincide con il prezzo di chiusura della candela precedente). Tuttavia qualora ciò si dovesse verificare potremmo ottenere anche performance superiori rispetto a quelle attese dalla leva stessa. Ripeto, questo vale solo in caso di sviluppo lineare della performance. Quindi per semplificare, la differenza tra la variazione percentuale cumulativa del mercato di riferimento (nel nostro caso la quotazione del greggio) e la variazione percentuale della quota del nostro ETP nello stesso periodo può divergere nettamente e produrre un impatto significativo sul rendimento della posizione pur in presenza di una corretta analisi e proiezione di mercato. In definitiva questa lezione pratica ci serve per comprendere come gli ETP non devono essere detenuti per periodi di tempo superiori alle cinque sedute di negoziazione, escludendo da questo novero gli ETF a replica fisica sui principali indici azionari ed obbligazionari. ETF, ETC de ETN possono essere utilizzati invece per strategie di intraday trading ossia apertura e chiusura della posizione all’interno della medesima giornata di negoziazione, in tali casi infatti le problematiche aberranti del compounding effect non si contemplano. Quanto sopra fa comprendere che tali strumenti finanziari non sono in alcun modo prodotti su cui investire in ottica buy and hold come impunemente alcune pubblicità online ci vogliono far credere: solo investitori professionisti in grado di seguire in tempo reale i mercati dovrebbero investire in tali prodotti con uso della leva finanziaria e della short strategy.