Tra poche settimane si celebrerà il decimo anniversario dalla prima transazione in Bitcoin avvenuta ad inizio 2009, mentre come è ormai risaputo la nascita progettuale della criptovaluta più famosa al mondo si manifesta misteriosamente dopo qualche settimana il fallimento di Lehman Brothers. Su questo precedente redazionale viene raccontata la storia del primo blocco minato e di come dietro a questa vicenda storica vi siano ancora lati oscuri che dovrebbero far riflettere sugli effettivi ideali cui il Bitcoin e la sua tecnologia dovrebbe difendere e tutelare. La blockchain è sicuramente una straordinaria opportunità di progresso ed innovazione tecnologica, tuttavia una sua adozione mondiale in ogni transazione della vita quotidiana consentirebbe la piena tracciabilità sulla vita di ogni persona, pertanto sia con risvolti positivi che negativi. Se avete visto al cinema il recente The Circle con Tom Hanks potete avere un’idea di come potrebbe (o sarà) il mondo attorno a noi entro pochi anni. Tornando al Bitcoin il fatto che molti suoi storici sostenitori ipotizzano che dietro al fantomatico pseudonimo di Satoshi Nakamoto si possa nascondere la NSA (National Security Agency) dovrebbe mettere in preoccupazione proprio i suoi adepti che sbandierano a quattro venti la libertà finanziaria e l’assenza di controllo (almeno per quanto riguarda l’offerta monetaria).
Se chiedete a chiunque che cosa ne pensa del Bitcoin vi risponderà quasi sempre che l’eccesso di volatilità è il principale deterrente al suo utilizzo pratico (sia come riserva di valore che unità di conto per la vendita di beni e servizi). La prima decade di vita del Bitcoin si può dividere in tre micro epoche storiche: dal 2008 al 2011, periodo in cui l’argomento e le prime transazioni riguardano un numero limitato di soggetti coinvolti, questo in virtù delle oggettive difficoltà tecniche iniziali di comprensione della sua architettura finanziaria. Dal 2012 al 2015, periodo che vede il nascere del primo exchange mondiale (MTGox) in parallelo con le prime manifestazioni di interesse da parte dei mass media tradizionali. Infine dal 2016 alla fine del 2018 in cui il Bitcoin diventa una asset class non regolamentata su cui investire attirando lentamente ma progressivamente l’attenzione dei retail investors sino a creare le condizioni per il tipico pump and dump di ogni bolla finanziaria, senza dimenticare l’adozione come moneta riconosciuta per alcuni pagamenti da parte del Giappone e la creazione dei primi due contratti future sul CBOT e CME di Chicago. La seconda decade inizia con uno scenario mondiale completamente differente: il Bitcoin ora non rappresenta l’unica cripto valuta del mondo, non detiene alcun vantaggio tecnologico significativo con la concorrenza scalpitante che sta avanzando.
Infine, e questo rappresenta un elemento molto deleterio, quasi la metà della quantità di moneta ancora disponibile (considerando che oltre sei milioni di pezzi sono andati definitivamente perduti) è accentrata nelle mani di un migliaio di soggetti o entità in tutto il mondo. Nella criptosfera i detentori di grandi quantità di Bitcoin – parliamo di wallet con migliaia di pezzi, quindi con un controvalore di decine o centinaia milioni di dollari – sono stati battezzati con il simpatico soprannome di balene del Bitcoin. Proprio la presenza di tali big investors sta mettendo paura agli istitutional investors ed anche ai retail investors in quanto tali attori di mercato possono produrre improvvisi movimenti di mercato, alterando in poco tempo le quotazioni ed obbligando a smobilizzare un trade di posizione in equity negativa. Queste mani forti hanno una visione tattica di lungo termine sul futuro delle criptovalute nella convinzione che una percentuale rilevante delle transazioni finanziarie nel mondo entro pochi anni sarà realizzata in altcoins. Inoltre la gestazione di strumenti finanziari regolamentati come gli ETC a replica fisica di Bitcoin rappresenteranno la scintilla che darà nuovamente fuoco alle quotazioni de ai mercati. Infatti tali strumenti finanziari consentiranno a tutti di inserire all’interno del proprio portafoglio anche tali nuovi asset finanziari con maggior semplicità e sicurezza rispetto a quanto richiesto per l’apertura di un proprio wallet.
Gli attuali embarghi finanziari presenti in numerose parti del mondo, pensiamo solo alla trade war in atto tra USA e China, potrebbero creare le condizioni ideali per l’adozione delle principali altcoins su larga scala ed agevolarne la diffusione proprio a livello retail. Quanto accaduto e sta accadendo ancora ad oggi in Korea del Nord ed in Venezuela rappresenta una straordinaria success story: le altcoins permettono infatti per definizione di bypassare le restrizioni o gli impedimenti alle transazioni finanziarie e commerciali. Tuttavia il pump and dump sulle quotazioni che abbiamo visto tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018 ha decisamente raffreddato gli entusiasmi e riportato le persone alla realtà: dal massimo dei 20.000 dollari del Bitcoin si è sprofondati in poche settimane quasi alla soglia dei 5.000 dollari. Si è trattato della tipica bolla finanziaria gonfiata dall’irrazionalità, avidità de ignoranza. Chi acquistava infatti durante quella fase epocale lo faceva esclusivamente solo per il riverbero mediatico correlato al Bitcoin il quale nel frattempo si era trasformato in una sorte di indice finanziario per tutta la criptosfera. Da giugno in poi abbiamo assistito all’evolversi di una fase depressiva e prolungata delle quotazioni proprio a seguito dell’uscita dello stupid money dei retailers dell’ultima ora. Molto probabilmente anche il 2019 sarà caratterizzato da un andamento similare nell’attesa che arrivino i tanto sospirati framework normativi che accenderanno la luce verde per l’ingresso in massa degli investitori istituzionali.